domenica 24 dicembre 2017

Recensione film: Star Wars gli ultimi Jedi

Recensione film: Star Wars gli ultimi Jedi

Regista: Rian Johnson
Anno: 2017
Casa di produzione: Lucasfilm
Durata: 152 min
Genere: fantascienza, azione, avventura
Soggetto: originale
Interpreti:
  • Mark Hamill: Luke Skywalker
  • Carrie Fisher: Leia Organa
  • Adam Driver: Kylo Ren
  • Daisy Ridley: Rey
  • John Boyega: Finn
Musiche: John Williams

Trama: Rey, tenace capofila di una nuova generazione Jedi, è pronta a unirsi alla resistenza per contrastare le forze del sinistro Primo Ordine. Accanto a lei l'ex assaltatore Finn, il pilota Poe Dameron, l'aliena Maz Kanata e il Generale Leia Organa. Al servizio del lato oscuro, invece, con il volto sfregiato dall'ultimo scontro con Rey, c'è Kylo Ren, che si muove all'ombra della misteriosa figura del Leader supremo Snoke.

Recensione: Scrivere la recensione è davvero difficile oggi. Penso tutti sappiano cosa abbia scatenato questo ottavo capitolo della celebre saga di Star Wars: valanghe di recensioni negative da parte del pubblico contro le super entusiastiche della critica.

Devo essere sincera e dire che ero abbastanza scettica riguardo questa "bizzarra" situazione: parto col dire che a me, personalmente, il film è piaciuto, ha sicuramente le sue pecche però non mi ha profondamente delusa.
Di certo io non ho visto tante cose che, invece, fans molto più accaniti di me, hanno notato e non hanno per nulla apprezzato.
Tuttavia, incuriosita dall'enorme polverone che il film ha sollevato (oltre le critiche questo è un film campione di incassi, e che incassi, qualche dato lo trovate
nelle foto qui sui fianchi), sono andata a spulciare tra le recensioni del pubblico e ciò che ho trovato erano tante ma tante recensioni negative, tutte accumunate da elementi che i fan non hanno potuto ignorare e per i quali io sono d'accordo.
Giusto per farvi un'idea, ma soprattutto leggere dei pareri di qualcuno che se ne intende e che ha recensito degnamente il film, vi lascio il link alle recensioni di MyMovies: QUI.

Iniziamo con calma.
Best Movie
Partiamo col dire che il film è un bel film. Lo è indubbiamente, se non si considerano i precedenti (intendo i primi 6, se proprio vogliamo rispettare gli estimatori mi fermo ai primi 3).
Musiche, effetti speciali, costumi, perfetti. Come al solito. Tra le altre cose c'è stato un "ritorno alle origini" perché hanno pensato bene di reintrodurre gli animatronics, invece di usare le animazioni al computer tanto contestate nei prequel.

Ciò che non va bene è stato il processo che ha ridicolizzato la saga. Tiro un passetto indietro rispetto dalla versione super entusiastica di me appena uscita dalla sala: *potreste considerare spoiler quelli che seguono* Leia che usa la forza? Scena a dir poco ridicola, ho riso quando l'ho vista, potevano risparmiarsela. Luke con la scenetta alla Drago Ball che si toglie la polvere dalla spalla stile Avengers? Riso anche lì. Meglio se non parliamo del """"cattivo"""" Snoke. Mi verrebbe da dire:"e Palpatine che fa?! Ma Dart Fener dov'è?!". Quelli sì che erano dei cattivi, erano sconfitti solo dopo 6 maledettissimi film. SEI. Questo Snoke fa una comparsa, SEMBRA potente, ma NON LO è. Per niente. *fine spoiler*

Queste sono le cose che non mi sono piaciute e per le quali mi trovo pienamente d'accordo. Le cose su cui mi trovo in contrasto col resto dei fan però sono le stesse che lo salvano: Rey e Kylo Ren.
Ho apprezzato molto la caratterizzazione di questi due personaggi, (insieme a Finn, non dimentichiamoci di lui, è il mio preferito in assoluto) non penso che la storia di Rey necessitasse di un qualche "spiegone" o qualche scena particolare: rende molto di più l'idea delle sue origini, non c'è molto da dire dopotutto.
E poi, Rey è proprio colei che dà una svolta, una ragazza dalle origini umilissime che riscopre se stessa in una maniera che mai avrebbe potuto immaginare. Kylo Ren è un personaggio di cui dobbiamo scoprire ancora molto e che, spero, non deluda le aspettative. Altrimenti potrò uscire sdegnata dalla sala anch'io, ve lo posso assicurare.

Sì, probabilmente la Disney ha rovinato una celebre saga che probabilmente sarebbe stato meglio lasciare che i legittimi proprietari se ne occupassero.
La Disney non può pensare di adattare la stessa politica che ha adottato con la Marvel che, per fortuna, si è dimostrata vincente in questo particolare caso, nonostante comunque il quasi totale flop di Thor Ragnarok: non c'è bisogno di rendere ogni cosa una barzelletta per renderla godibile, soprattutto poi un personaggio come Thor.
Anche quel film, piacevolissimo, molto carino ma hanno rovinato il personaggio di Thor.

Ritornando alla saga di Star Wars: vi consiglio di andare a vederlo al cinema, è un buon film con le sue numerose pecche (non proprio trascurabili) e i suoi meravigliosi pregi (di cui bisogna comunque tener conto in una recensione onesta).

VALUTAZIONE:


domenica 17 dicembre 2017

Recensione "Il giovane Holden, J.D. Salinger"

Recensione "Il giovane Holde, J. D. Salinger"

Edizione: Einaudi, 2014
Note sull'autore: J. D. Salinger, all'anagrafe Jerome David Salinger (New York, 1º gennaio 1919  Cornish, 27 gennaio 2010), è stato uno scrittore statunitense.
È divenuto celebre per aver scritto Il giovane Holden (The Catcher in the Rye), romanzo di formazione che ha riscosso un'enorme popolarità fin dalla sua pubblicazione, nel 1951, per poi divenire un classico della letteratura americana.
I temi principali nei lavori di Salinger sono la descrizione dei pensieri e delle azioni di giovani disadattati, la capacità di redenzione che i bambini hanno su questi, e il disgusto per la società borghese e convenzionale. Salinger fu uno degli ispiratori del movimento letterario della Beat Generation, insieme ad altri autori.
Salinger partecipò poco più che ventenne alla seconda guerra mondiale e fu tra i primi soldati americani ad entrare in un lager nazista, esperienza che lo segnerà emotivamente. Nel 1953 lasciò la sua città, New York, andando a vivere a Cornish riducendo progressivamente i contatti umani fino a vivere praticamente da recluso a partire dal 1980, forse a causa della difficoltà ad adattarsi alle luci della ribalta.
Salinger era conosciuto per la sua natura schiva e riservata, e spesso venne descritto come un misantropo; nell'arco di cinquant'anni ha rilasciato pochissime interviste: ad esempio nel 1953 ad una studentessa per la pagina scolastica The Daily Eagle di Cornish, nel 1974 a The New York Times (la sua ultima intervista). Non effettuò apparizioni pubbliche, né pubblicò nulla di nuovo dal 1965 (anno in cui apparve sul New Yorker un ultimo racconto) fino alla morte, benché, secondo molte testimonianze, avesse continuato a scrivere.

Trama: Sono passati cinquant'anni da quando è stato scritto, ma continuiamo a vederlo, Holden Caufield, con quell'aria scocciata, insofferente alle ipocrisie e al conformismo, lui e la sua "infanzia schifa" e le "cose da matti che gli sono capitate sotto Natale", dal giorno in cui lasciò l'Istituto Pencey con una bocciatura in tasca e nessuna voglia di farlo sapere ai suoi. La trama è tutta qui, narrata da quella voce spiccia e senza fronzoli. Ma sono i suoi pensieri, il suo umore rabbioso, ad andare in scena. Perché è arrabbiato Holden? Poiché non lo si sa con precisione, ciascuno vi ha letto la propria rabbia, ha assunto il protagonista a "exemplum vitae", e ciò ne ha decretato l'immenso successo che dura tuttora. È fuor di dubbio, infatti, che Salinger abbia sconvolto il corso della letteratura contemporanea influenzando l'immaginario collettivo e stilistico del Novecento, diventando un autore imprescindibile per la comprensione del nostro tempo. Holden come lo conosciamo noi non potrebbe scrollarsi di dosso i suoi "e tutto quanto", "e compagnia bella", "e quel che segue" per tradurre sempre e soltanto l'espressione "and all". Né chi lo ha letto potrebbe pensarlo denudato del suo slang fatto di "una cosa da lasciarti secco" o "la vecchia Phoebe". Uno dei libri del Novecento che tanto ha ancora da dire negli anni Duemila.

Recensione: Il giovane Holden non è sicuramente il libro che mi aspettavo, ma non mi ha assolutamente delusa. Leggendo un "classico americano" è normale non avere alte aspettative sullo stile perché una linea comune che hanno quasi tutti gli scrittori americani è la brevità, la concisione e l'incredibile attitudine a narrare in maniera coinvolgente.

Quindi parto parlando dello stile di questo libro che, nonostante non abbia deluso le mie solite "aspettative sugli autori americani", ho trovato troppo distante dalla narrazione classica: non mi è per niente piaciuto, ma è un gusto personale. L'uso del gergo parlato in un libro è una cosa che mi fa storcere abbondantemente il naso, però... C'è un però.
Nonostante ci siano espressioni come:"stramaledetto", "eccetera eccetera", "santiddio", "né niente", "una volta" (davvero troppissime volte) ho apprezzato la scelta dell'autore.

Questo libro è la mente del protagonista riportata su carta, durante la narrazione abbiamo delle piccole anticipazioni di ciò che verrà detto più esplicitamente nel finale, ma possiamo tranquillamente capire che il protagonista, Holden Cautfield, è affetto da una malattia: scopriremo che ha subito diversi traumi e ci sembrerà quasi normale che si comporti in una certa maniera e che pensi determinate cose.

Percepiamo il profondo disgusto dell'autore verso la figura del borghese medio, verso quelle persone che si dimostrano troppo poco sensibili verso gli altri o che ostentano ipocrisia: questa è la parola chiave, quella che caratterizza quasi tutte le persone che incontra Holden sulla sua strada.
A momenti ci resto secco. Poi lui e la vecchia Sally si sono messi a parlare di un sacco di conoscenze in comune. Uno dei dialoghi più ipocriti che abbiate mai sentito. Tutti e due che si sforzavano di farsi venire in mente il più in fretta possibile dei nomi di posti, poi qualcuno che ci vivesse, dopodiché giù a snocciolare il nome. Quand'è arrivato il momento di tornare a sedersi, ero a tanto così dal vomitare.
Questo è sicuramente uno dei temi che ho apprezzato di più dell'intero libro. Già in passato, mi era piaciuto molto Città di carta di John Green (qui la mia recensione) non tanto per la storia o i personaggi, quanto per il messaggio che lanciava (ma che non ha mai approfondito a pieno): ogni cosa è caduca, le persone danno troppa importanza a cose materiali o al lavoro per vivere sempre la stessa vita senza aspirare a qualcosa di più profondo, ci si accontenta di vivere in una piccola e squallida realtà di paese di provincia o di una grande città perché va bene così, perché tutti fanno così e pur di essere accettati dagli altri si accetta questo compromesso.

Holden, nonostante il suo rammarico e la sua tristezza profonda, è un personaggio che si rifiuta di vivere in questo cliché, vuole andare via da quella realtà meschina che lo vuole schiavo di un ingranaggio che lui non riesce a capire.
Holden preferirebbe che tutti fossero come sua sorella, la piccola "vecchia Phoebe" che è intelligente e diretta, l'unica che sembra far breccia nel cuore del protagonista: in effetti, chi può mai aver incontrato un bambino capace di essere ipocrita? 
Avrei messo la regola che nessuno poteva fare cose da ipocrita, quando veniva a trovarmi. Se solo uno provava a fare una cosa da ipocrita, doveva andarsene.
In sostanza, è un libro che a lettura finita mi ha lasciata molto perplessa, ma qualche giorno di riflessione mi hanno fatto apprezzare questo classico senza tempo, che ha sicuramente molto da insegnarci in questa che più di qualunque altra potrebbe essere l'era dell'ipocrisia.

 VALUTAZIONE:


lunedì 11 dicembre 2017

#TrishTalk: Novembre 2017

#TrishTalk: Novembre 2017

Dopo molte lune, finalmente eccoci con la solita rubrica mensile che, questa volta, esce un po' in ritardo: ho procrastinato e procrastinato, ho persino smesso di pubblicare post sul mio amato profilo Instagram, insomma, due lunghe settimane all'insegna della pigrizia!
Ma da oggi si ricomincia, e quale migliore inizio se non con una leggera e sfiziosa rubrica?

Trish talks about... Books: Eleanor and Park


Stavo cercando un libro leggero e che tenesse al caldo i vostri poveri cuori provati dal freddo invernale, e, ovviamente, l'ho scovato nella mia libreria senza nemmeno troppa fatica: Eleanor and Park di Rainbow Rowell è uno young adult che nonostante si serva di alcuni espedienti narrativi già visti, cattura l'anima del lettore con una storia d'amore che ci sembra vera perché l'autrice riesce a rendere le emozioni e i sentimenti tali.
Non capita tutti i giorni di "incontrare" sulla nostra strada degli young adult che non abbiano personaggi piatti e rinsecchiti come una foglia, sudici e poco profondi oltre che mancanti di uno stile di scrittura decente e di un minimo messaggio positivo.
Leggetelo, non ve ne pentirete, a meno che non sia il vostro genere! 


Trish talks about... TV Series: How I met your mother


Credo che lo conosciate tutti. Anche solo per sentito dire.
Devo rivelarvi che l'ho scelto per una semplice ragione: questo mese ho dato vita ad un rewatch che poco ha lasciato della mia dignità... Avevo scordato quanto fosse bello questo telefilm ed è incredibile riconoscere quante cose avevo dato per scontate e quanti eastereggs non avevo notato.
è la serie TV per eccellenza, fa ridere ma fa anche piangere, con l'ironia, il sarcasmo o con anche la demenzialità spinge a riflettere su tantissimi argomenti.
La pecca? Il finale. Non ci credete finché non lo vedete. 
Vi consiglio la video-recensione di Yotobi: centra tanti punti fondamentali in pochi minuti e lo fa sicuramente meglio di me!


Trish talks about... Films: Midnight in Paris


Per riuscire nell'intento di proporvi opere che vi lascino in uno stato di piacevole serenità, vi propongo, infine, Midnight in Paris del celeberrimo Woody Allen: prima di vedere questo film non mi piaceva molto Parigi e non capivo perché così tante persone morissero dalla voglia di visitarla. A dirla tutta quando ero più piccola ho visitato Parigi e non mi era piaciuta affatto: ho visto questo film e adesso anch'io muoio dalla voglia di tornarci.
Mi ha fatto vedere Parigi sotto una luce diversa, attraverso l'arte e tutti gli artisti che adoro: è stato semplice rispecchiarsi nel protagonista che ricopre il ruolo del sognatore, un po' tutti noi lettori lo siamo, chi più chi meno. 
Sarebbe bello tuffarsi nella nostra città preferita che vive l'epoca che più preferiamo. 

E voi in che epoca e che città andreste?

Io personalmente sceglierei gli anni '20 come il protagonista, sarei indecisa tra Parigi e New York però.
Sognatori o meno, lettori o semplici spettatori, è impossibile non rimanere incantati da questo capolavoro della cinematografia.