DISCLAIMER: questo post è stato scritto nel giorno 12/01/2018.
Oggi post molto diverso dal solito, ho voluto discostarmi dai soliti post che escono sul blog perché mi premeva parlarvi di un argomento sul quale stavo riflettendo proprio ieri e sul quale continuo a rifletterci anche oggi. Ma partiamo dal principio.
Ieri, spinta dai saldi e dalla mia sempre presente smania di acquistare libri, ho "fatto visita" alla Feltrinelli dove ho fatto un felicissimo acquisto: Trilogia di New York di Paul Auster (trovate la copertina nella foto del post). Devo però rivelarvi che non era questo il libro che avevo intenzione dei acquistare ieri.
Ovviamente penserete: ma la Wishilist di un lettore accanito è infinita, è ovvio che non era proprio quello che volevi, ce n'erano sicuramente altri che desideravi e su cui eri indecisa. Beh è vero.
Ma il problema è stato un altro: alla Feltrinelli non avevano tutti i libri su cui avrei voluto essere indecisa.
Anche qui direste: Probabilmente li avevano terminati. Ma anche qui il problema è un altro. Quello che ho notato passeggiando per la Feltrinelli è che ormai i libri che ci sono sugli scaffali, o sui ripiani in bella vista, si trovano lì soltanto perché ultimamente sono mainstream.
Ma che significa questa parola? Bene, ve lo scrivo così come trovo il significato su internet:
è un termine inglese usato come aggettivo in vari campi delle arti e della cultura per indicare una corrente che, in un particolare ambito culturale, è considerata più tradizionale e "convenzionale", comune e dominante, venendo quindi seguita dal più grande pubblico.
-Wikipedia
Sicura di trovare tutti i libri di cui avevo bisogno, man mano che trovavo i titoli su cui ero indecisa, li caricavo su un braccio e giravo tra gli scaffali come una forsennata, alla disperata ricerca di quelli che mancavano all'appello: cercavo 2 saggi ("Armi, acciaio e malattie" e "Il secolo breve") e un libro abbastanza "vecchiotto" ossia "Amabili resti" di Alice Sebold. Se proprio devo essere pignola, c'erano anche molti altri che mancavano all'appello, ma girando e rigirando in primo piano c'erano o li stessi libri che ci sono sempre in evidenza (quali i soliti titoli di Adelphi oppure i soliti titoli e/o, l'immancabile Charles Bukowski, i libri di autori orientali che prima, quando erano appunto mainstream, erano titoli abbastanza vari mentre adesso si limitano a quelli di Banana Yoshimoto e Murakami, e la mia lista può continuare con i libri rosa, i soliti ovviamente, e chi più ne ha più ne metta) oppure, appunto, le novità (già super famose, assolutamente non quelle meno commerciali) che sommergono i libri che, magari, non sono poi così vecchi o così poco famosi o ancora, direi soprattutto, meno importanti rispetto a quelli più recenti e “di moda”.
Con quello che ho detto io non intendo assolutamente svalutare determinati libri, alcune case editrici o alcuni generi letterari: la mia è una critica verso il sistema che le librerie (non solo la Feltrinelli insomma) adottano per vendere i libri.
Io personalmente vado nelle catene perché sono ancora sicura di riuscire a trovare sempre quello che voglio, ma in realtà queste grandi "compagnie" stanno pian piano trasformandosi in una sorta di "Multinazionale" dei libri: quello che ho notato non solo ieri ma anche tutte le altre volte che ho visitato la Feltrinelli in questo ultimo periodo, è che si cerchi di vendere QUANTO più si può invece di dare una gamma più completa e vasta di libri oltre che di qualità e pensata davvero per i lettori.
Il libro che ho sempre trovato di Paul Auster è stato sempre e solo "Trilogia di New York" tra i contemporanei che vantavano sempre gli stessi titoli: ieri non c'era solo "Trilogia di New York" (che mi sono finalmente decisa a comprare dopo il mio immenso peregrinare) ma anche altri 3-4 titoli dello stesso autore che se non fosse stato per "4 3 2 1" io non avrei mai conosciuto o, per lo mento, VISTO in libreria.
Mi sembra che le catene di librerie possano essere paragonate a una specie di fruttivendolo dove vengono esposte solo le novità o la frutta e la verdura che sembra più gustosa: l'unica differenza è che i libri col tempo non marciscono.
Per come la vedo io alcuni titoli acquistano valore, come i libri di Italo Calvino ad esempio che adesso, meritandoselo, ha il suo posto d'onore nelle librerie.
Per questo qui sul blog non faccio segnalazioni, è una tipologia di post che a me PERSONALMENTE non piace: preferisco recensire un libro e parlarvene in maniera approfondita piuttosto che presentarvelo in maniera che io ritengo abbastanza sterile.
Quindi, sunto della mia discussione: nonostante comunque sia normale non riuscire a trovare il libro che si desidera che magari è meno richiesto o acclamato di altri (il che può essere perfettamente normale se le copie disponibili sono terminate) credo che il problema di fondo è da considerarsi più grande di quanto si creda, infatti non sempre possiamo trovare in una catena di librerie gente davvero amante del proprio lavoro o dei libri, cosa che invece può accadere più facilmente in una libreria privata/indipendente.
Io penso che sia molto importante amare il proprio lavoro in genere (o per lo meno farselo piacere quando le situazioni della vita ci mettono nelle condizioni di non poter scegliere altro) e, in particolare modo, penso che per essere assistenti d'acquisto in un negozio bisogni essere motivati, gentili, disponibili e, soprattutto, competenti nel campo in cui si viene ammessi.
A quanti sarà capitato d'incontrare commessi che non avevano tutte queste qualità? E che peccato è stato trovarli proprio nel negozio in cui non avreste mai voluto incontrare una persona scorbutica, a cui invece avreste voluto chiedere consigli e informazioni?
Ecco perché penso che sia importante rivedere le priorità di una libreria e considerare anche il proprio staff che, sicuramente, fa la differenza in luoghi dove il cliente tende a cercare l'aiuto e il supporto del commesso. Ovviamente in una Multinazionale è più facile trovare assistenti che non sono proprio quelli che ci aspettiamo: penso che anche in questo campo le librerie indipendenti/private siano "avanti" proprio perché ci sono persone che scelgono molto più accuratamente il proprio staff.
Vi aspetto nei commenti per discutere rispetto questo argomento o comunque anche demolire alcune mie osservazioni! è un argomento che, penso, sarà vicino a molti lettori.
Io penso che sia molto importante amare il proprio lavoro in genere (o per lo meno farselo piacere quando le situazioni della vita ci mettono nelle condizioni di non poter scegliere altro) e, in particolare modo, penso che per essere assistenti d'acquisto in un negozio bisogni essere motivati, gentili, disponibili e, soprattutto, competenti nel campo in cui si viene ammessi.
A quanti sarà capitato d'incontrare commessi che non avevano tutte queste qualità? E che peccato è stato trovarli proprio nel negozio in cui non avreste mai voluto incontrare una persona scorbutica, a cui invece avreste voluto chiedere consigli e informazioni?
Ecco perché penso che sia importante rivedere le priorità di una libreria e considerare anche il proprio staff che, sicuramente, fa la differenza in luoghi dove il cliente tende a cercare l'aiuto e il supporto del commesso. Ovviamente in una Multinazionale è più facile trovare assistenti che non sono proprio quelli che ci aspettiamo: penso che anche in questo campo le librerie indipendenti/private siano "avanti" proprio perché ci sono persone che scelgono molto più accuratamente il proprio staff.
Vi aspetto nei commenti per discutere rispetto questo argomento o comunque anche demolire alcune mie osservazioni! è un argomento che, penso, sarà vicino a molti lettori.